Fabula XXI (seconda parte)

(continua da qui)

Qui, in questo tempo bloccato, non siamo da soli. Me ne sto rendendo conto un po’ per volta. Ci sono cose che si muovono al margine del mio campo visivo, che si spostano veloci e svaniscono se tento di metterle a fuoco. Quando non sono assordato dalla voce del mago riesco a sentire mormorii incomprensibili proprio alle mie spalle. Come se pensare, in questa situazione, non fosse già abbastanza difficile.
Ippolito sta bluffando. Se mi sta interrogando vuol dire che non sa cosa so o penso. Come può essere certo che stia mentendo? «Silva mi sta facendo un favore» improvviso. Ripenso alle lezioni di Marta al call center, ai consigli su come raccontare balle ai clienti. Beh, lei non usava queste parole, ma il concetto era piuttosto chiaro. «Mi hanno offerto un lavoro che non mi convince, e le ho chiesto se conoscesse qualcuno che potesse aiutarmi a chiarirmi le idee.» Aggiungere quanta più verità possibile alle menzogne era la sua raccomandazione principale. “Aiuta a dare sostanza e credibilità a quello che dite”. E poi, non essere troppo specifici né troppo vaghi. «L’ho convinta a farmi parlare con una sua amica che lavora qui, un’addetta alle analisi. Non credevo che fosse un problema…» E sempre mantenere un tono naturale.
Ma qual è il tono naturale per una situazione del genere? Urla disperate e incoerenti balbettii terrorizzati?
Per alcuni secondi il mago resta in silenzio. Poi ruota la testa verso di me. È un movimento lento e faticoso, che lo fa ansimare e sbuffare, rende rossa per lo sforzo la pelle del collo e del volto. E quando lo ha compiuto, solo la sorpresa mi impedisce di gridare. Le pupille dei suoi occhi sono scomparse, ma sotto le sclere bianco latte due piccole creature sono aggrappate ai suoi zigomi.

«Non possiamo vedere qualcosa di più? Non so, a quanti omicidi è collegata, se lo è?» chiede Silva, chinandosi sui tarocchi.
Iza atteggia il volto a una smorfia perplessa. «Difficile, ma posso provarci.»
Taglia le carte rimaste nel mazzo per tre volte, e poi scopre quella in cima. Due cani sono appoggiati l’uno all’altro in un gesto romantico, i musi rivolti al cielo per guardare un’enorme luna piena. Sullo sfondo, approfittando della loro distrazione, striscia con cautela una volpe dall’aria maligna, diretta al pollaio. L’arcano maggiore della Luna.
«Come immaginavo, una risposta inutile» sbuffa Izabela.
«Perché?» Silvia prende la carta in mano. «Cosa vuol dire?»
«In questo contesto? Può voler dire qualunque cosa. Che ci stiamo facendo confondere e la persona su cui ci stiamo concentrando non c’entra nulla, o che è dietro a tutto ciò che sappiamo ma anche a cose che ignoriamo, o che la divinazione è oscurata da qualche protezione che non può essere penetrata, o…»
«O che stiamo facendo la domanda sbagliata» intervengo prima ancora di accorgermi di aver aperto bocca, guadagnandomi l’ennesima occhiataccia di Iza.
«E questo che significa?»
«Non ne sono sicuro.» Sfilo la carta dalle dita di Silva. «Però mi sembra che ci stia dicendo che ci sta sfuggendo qualcosa di evidente.»
«Per favore, dai! I tarocchi non funzionano così, dovresti saperlo persino tu.»
«E persino tu dovresti ricordarti che con me gli strumenti di divinazione non lavorano sempre come al solito, te l’ho detto pochi minuti fa…»
«È molto più probabile che sia perché non li sai usare!»
«Giuro che sembrate dei bambini!» sbotta Silva. «Ma che vi prende?»
«Mi prende che non mi piace lavorare davanti a estranei, lo sai» borbotta Izabela. «Mi sono fatta rinchiudere in quello stanzino in ufficio per non avere attorno nessuno che guarda, fa rumore, ti rivolge la parola, sposta le cose e… e chi cazzo ti ha detto che puoi toccare i miei tarocchi?»

Le creature sono minuscole e pallide. Sono più o meno umanoidi, con una grossa testa calva e bitorzoluta, gambe e braccia troppo piccole rispetto al corpo e con solo quattro dita che stringono la pelle del volto del mago. Non hanno orecchie e naso, solo tre piccole bocche che si aprono senza uno schema preciso sulla loro testa, e un grosso occhio scuro al centro della schiena, fisso su di me.
Ci metto un po’ a rendermi conto di cosa sto guardando. «La spilla… serve a tenere intrappolati questi spiriti in quegli occhi di vetro, giusto?» riesco a mormorare.
«L’hai notata, allora.» Ippolito non muove le labbra, ma la voce continua a risuonare forte come prima. «Non sei così disastroso come immaginavo.» Il tono gronda compiacimento e paternalismo. «Qualche tempo fa ho scoperto di essere sul punto di perdere la vista. Allora ho deciso di rimuovere gli occhi del tutto e utilizzare questi imp per sostituirli. Creature facili da sottomettere, e con un’affinità con le abitudini peggiori degli esseri umani che torna molto utile. Per esempio, sono capaci di vedere le menzogne. Capisci perché te li ho mostrati, vero?»
Oh, sì. Me li ha mostrati perché è orgoglioso di sé e di quel che ha fatto, perché dev’essere una pena per lui non potersi vantare con nessuno di un’idea che va tenuta nascosta per essere sfruttata al meglio. E perché io sono abbastanza insignificante da non richiedere nessuna prudenza. Ma non è la risposta che vuole sentirsi dare. «Perché capisca che è inutile mentire.»
«Esatto. E, tanto per essere chiari, sai dove ci troviamo, qui?» Scuoto la testa. «Vedi, una parte importante del lavoro di un mago consiste nell’aprire e richiudere porte tra i mondi. E io sono sempre stato particolarmente bravo in questo. Da quando la Frattura ha spalancato i cancelli, poi, la cosa è diventata ancora più semplice. Una volta mi servivano le giuste componenti magiche, un giorno e un’ora propizie, circoli e formule di potere. Adesso per socchiudere una soglia mi bastano uno sforzo di volontà e qualsiasi cosa che costituisca un limite o un confine. Uno specchio, l’ingresso di una stanza, un’ombra…» Abbasso gli occhi sul suo piede. «Già. E mi è bastato tenere Silva per mano per portarla qui con noi, su quest’uscio tra la realtà che conosci e un’altra davvero orribile per un essere umano. Se la lasciassi andare cadrebbe dall’altra parte, e neanche una come lei riuscirebbe a ritrovare la strada di casa, te lo assicuro.»
«No!» I maghi sono diversi, dicono. Sono pericolosi perché non vedono il mondo come gli altri. «Non ha fatto niente di male, davvero!» Stronzate. I maghi sono pericolosi perché sono completamente pazzi.
«Silva ha dato problemi fin dalla scomparsa del fratello. Il suo medico dice che incolpa la compagnia di quello che è successo. E oggi mi chiamano dalla reception dicendomi che ha fatto entrare nell’edificio un estraneo. Allora, cosa ha in mente? Cosa vuole fare alla EXO? Raccontami tutto, e non pensarci nemmeno a mentire. La mia mano potrebbe stancarsi.»

Ignoro le proteste di Izabela e scopro altre due carte, sperando che mi aiutino a dare un senso alla Luna.
Sulla prima c’è una grossa capra che, per qualche motivo, ha un largo cappello di pagliatarocchi infilato sulla testa, con tanto di buchi per le corna. È appoggiata a un davanzale con le zampe anteriori, e sta strappando con la bocca un rametto pieno di foglie da una pianta in vaso, facendo cadere nel frattempo l’innaffiatoio e le cesoie posate lì accanto. Rabbrividisco quando mi rendo conto che si tratta della carta del Mago.
L’altra raffigura tre maialini che, con aria felice, bevono dallo stesso secchio pieno d’acqua. Mi ci vuole un po’ a capire che è il tre di Coppe.
E nel frattempo Iza mi ha strappato di mano il resto del mazzo. «Non farlo mai più! Come ti sei permesso?»
«Davvero, non è da te. Cerca di calmarti» insiste anche Silva, più preoccupata che arrabbiata.
Scuoto la testa. «Mi dispiace, Izabela, ma guarda! Stanno cercando di dirci qualcosa! Un tre, come gli omicidi. Ma quello di Coppe, che rappresenta la comunione, la condivisione, l’armonia. Tre cose che vanno insieme…»
«Concetti adattissimi a quei crimini, vero? E il Mago?»
Già, il Mago…

Racconto tutto dall’inizio, sorvolando soltanto sulle motivazioni di Silva, pregando qualunque essere disposto ad ascoltarmi che quelle creature non sappiano percepire anche le omissioni. Ippolito mi ascolta in silenzio per tutto il tempo, e quando arrivo alla fine la sua voce mi risuona nelle orecchie seccata e delusa.
«Tutto qui? Si è messa a fare così tanto la misteriosa solo per dare la caccia all’assassino di quel monacello? Che stupida!»
«Mi dispiace che ci sia stato questo equivoco, e sono certo che anche lei si scuserebbe. Ma adesso è tutto a posto, no?»
«Non proprio. Lei e quell’analista hanno comunque violato le regole aziendali, e…» La voce del mago si spegne, e sia lui che gli imp chiudono gli occhi. I mormorii intorno a me invece diventano più forti. Ora posso distinguere varie voci che si rispondono, si accavallano, si contestano in un linguaggio fatto di schiocchi e stridii. Sembra una discussione accesa ed eccitata. Su di me? Su Silva? Su quello che ho detto?
Più la conversazione va avanti, più i movimenti intorno a me si fanno frequenti. Qualcosa si sta avvicinando in fretta, ma stando ben attenta a non farsi vedere. Sotto le voci riesco a sentire il rumore di qualcosa che raspa ritmicamente sul pavimento. Sembrano passi.
Passi di qualcosa che ha lunghe unghie, e molti piedi, e si muove troppo velocemente…
La voce del mago riesplode nelle mie orecchie, spaventandomi. «…e dovrebbero essere punite» continua, riprendendo proprio da dove si era interrotto. «Ma forse, invece, noi due possiamo trovare una soluzione diversa.»
«Una soluzione?»
«Questa indagine di cui mi hai parlato, ha degli aspetti interessanti. E il fatto che la stiate conducendo in maniera non ufficiale potrebbe essere la vostra fortuna…»

C’è qualcosa in questo caso che interessa a un mago, tanto da spingerlo a minacciare due persone per costringermi a stringere un accordo con lui. Qualcosa a cui non vuole essere collegato direttamente. Qualcosa che tocca a me trovare.
Ovvio, io non sono nessuno. Non lavoro per la EXO, non sono famoso, non sono pericoloso. Sono sacrificabile e ricattabile, il perfetto povero stronzo che può essere obbligato alla segretezza da uno come lui e mandato a cercare qualcosa che delle fottute voci di un altro mondo devono ritenere interessantissimo.
Il problema è: cosa? Ippolito è stato così vago da farmi sospettare che non ne sia certo neanche lui, e il Mago dei tarocchi non mi sta aiutando molto. È lì solo come messaggio per me, o ha un senso nella lettura?
Torno a guardare la Luna. Sento che è lì la chiave, in quella illustrazione, coi due cani che guardano nella direzione sbagliata, e la volpe che si avvicina per rubare…
«Sì, cazzo, sì!» grido, spaventando sia Iza che Silva.
«E adesso che hai?»
«Ho capito finalmente! Quanto siamo stati fessi!» Ignoro lo sguardo perplesso della mia amica e continuo. «Stavamo guardando il caso dal punto di vista sbagliato. Il manifesto dei seguaci dei 47, le motivazioni politiche, tutte cose che ci hanno confuso. Per forza non riuscivamo a capire cosa avessero a che fare tra loro le tre vittime. Quelli non sono omicidi, sono furti per cui è stato necessario uccidere qualcuno!»
Silva balza in piedi, gli occhi che le si spalancano mentre inizia a comprendere cosa sto dicendo. «Ma, perché?»
Indico le carte del Mago e del tre di Coppe. «I tre trofei sottratti ai corpi. Cappuccio di monacello, lingua di sirena, occhi col potere della vista. A sentirli pronunciare così, in ordine, cosa vi fanno venire in mente?»
È Iza a rispondermi. «Ingredienti magici. Componenti per un incantesimo.»
Annuisco. «Un incantesimo che richiede delle morti per essere portato a termine.»
A cos’altro poteva essere interessato, un mago?

 photo credit: jeck_crow via photopin cc

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